Collezione da Tiffany
Le ultime generazioniL’arte Contemporanea Portoghese: da paula rego ai giorni nostri (parte 2)
Nella produzione delle ultime generazioni, grande spazio è riservato alle installazioni e alla videoarte. Joana Vasconcelos (1971), che ha rappresentato il Portogallo alla Biennale di Venezia del 2013, utilizza oggetti di uso quotidiano come elementi costruttivi per grandi sculture/installazioni, decontestualizzandoli e sovvertendo il loro utilizzo primario, superando così tanto le ascendenze da ready-made che l’ispirazione nouveau réaliste e pop: Call center (2015) è una pistola di dimensioni monumentali realizzata con 168 vecchi telefoni a disco di bachelite; A noiva (“La sposa”, 2001-2005) è un lampadario di 5 metri d’altezza fatto con più di 25.000 assorbenti interni femminili cuciti insieme su una struttura in acciaio. È con quest’ultima opera che la Vasconcelos si rivel a livello internazionale nel 2005 in una prima partecipazione alla Biennale di Venezia; la Vasconcelos è anche la prima donna nonché l’artista più giovane ad aver esposto allo Château di Versailles (2012).
Alla Biennale di Venezia del 2015 il Portogallo è stato invece rappresentato da João Louro (1963), artista che lavora su un “doppio canale” di arte concettuale e minimalismo. Le sue opere — di cui talvolta è facile intuire gli antecedenti storici — hanno nei casi migliori un forte impatto visivo ed emozionale, come in The jewel (2005; un’automobile totalmente ricoperta di foglia d’oro senza le ruote) o in Rimbaud’s spell (2007; installazione con sound system in cui una Jaguar capovolta e incidentata giace in un angolo provvisto di guard rail). Malaparte House (2010) è invece una rappresentazione iperminimale della Casa Malaparte di Capri realizzata con cinque pannelli di plexiglass usato come supporto per alluminio, acrilico e vinile: vi è un sottile richiamo al film di Godard Il disprezzo — girato appunto in quel luogo — che si inscrive nel ricorrente citazionismo cinematografico di Louro (le sue Blind images sono pannelli monocromi sul cui bordo inferiore c’è la descrizione di un fotogramma di un film).
Nell’indubbio fermento dei giovani artisti portoghesi, dichiaratamente consci dell’handicap storico e geografico tuttora da colmare rispetto al “mercato” internazionale dell’arte peraltro oggi così volatile, ci sembrano, ancora, particolarmente interessanti le installazioni di Miguel Leal (1967), Francisco Tropa (1968), Leonor Antunes (1972), come pure le opere di Susana Mendes Silva (1972), che spaziano dai supporti tradizionali a video, fotografia, installazioni, performance (bellissimo il suo sito www.susanamendessilva.com) e della giovanissima Carolina Piteira (1990) residente a Londra.
Sulla videoarte in Portogallo esiste un magnifico ed esaustivo volume (in portoghese e inglese) di AA.VV.: Videoarte e filme de arte & ensaio em Portugal (Lisboa, NúmeroArte e Cultura Ed., 2008), completo di schedature sugli artisti e le opere realizzate con questo medium. Volendo segnalare alcuni nomi, citerei quelli di Alexandre Estrela (1971), João Onofre (1976), Gabriel Abrantes (1984), scusandomi — come per il resto di questo articolo — delle eventuali, anzi probabili gravi omissioni e dimenticanze.
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